Contagiati insieme, uniti anche nella malattia e insieme fino alla fine. Paolo e Giuliana erano ricoverati nella stessa stanza nel reparto Covid del San Giuseppe di Empoli, dopo aver contratto entrambi il Covid-19. Quella fatidica sera gli infermieri hanno uniti i loro letti: “L’ultima notte Paolo e Giuliana hanno dormito insieme, abbracciati per come potevano; lui aveva il casco per poter respirare ma le chiedeva di non lasciarlo, si sentiva di affogare”. Non ce l’ha fatta Paolo Sardi, 67 anni, ex rappresentante di pelli morto il 5 aprile. Le condizioni di Giuliana invece sono migliorate fino ad essere dimessa. Ora l’unica consolazione della donna è aver trascorso l’ultima notte insieme al suo amato marito Paolo.
“Il vuoto è incolmabile, con Paolo avevamo tutti un legame speciale – ha affermato disperata Silvia, sorella di Giuliana -. Non sappiamo come sia entrato il virus in casa nostra. Mio fratello Michele e sua figlia hanno scoperto per primi di essere positivi asintomatici”. Ma il Covid si era già fatto strada nelle loro vite contagiando tutti. “Giuliana aveva il raffreddore, per evitare di mettere a rischio la salute di nostra madre mi ha chiesto di prendermene cura. Paolo, Giuliana e Francesco si sono sottoposti al tampone il 19 marzo”.
A quel punto hanno scoperto di essere stati tutti contagiati dal virus. “Ho richiesto il tampone per la mia mamma, che è risultata positiva – ha spiegato a Repubblica Silvia -. Abbiamo scoperto di esserlo tutti. Credevamo che saremmo rimasti asintomatici, ma dopo pochi giorni sono iniziati i sintomi”. Ossigenazione bassa e difficoltà respiratorie, nausea e problemi gastrointestinali. La saturazione di Giuliana scende a 88. Preoccupato per la moglie Paolo chiama il 118, ma anche la sua situazione era tutt’altro che stabile. “Verso le 21 anche la saturazione di Paolo ha iniziato a scendere- ha proseguito Silvia-. A quel punto ho chiamato un’ambulanza. Una volta in ospedale abbiamo scoperto che anche lui aveva la polmonite da Covid”.
Passano i giorni ma le condizioni di Paolo non danno cenni di miglioramento: “Continuava a dirci che si sentiva di morire e noi lo incoraggiavamo a non mollare. A Pasqua i medici ci hanno detto che erano riusciti a stabilizzarlo”. Ma il giorno dopo arriva una telefonata dalla rianimazione di Empoli. “Erano le 11, un orario insolito perché normalmente chiamano intorno alle 13. Ci hanno detto che si era aggravato e che la pressione stava andando giù e di aspettarci il peggio”. Paolo è morto due ore dopo.
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