Un altro suicidio, l’ennessimo dall’inizio di questa pandemia. L’ennesimo dovuto alle difficoltà economiche. Umberto Sbrescia, 66 anni, titolare di uno dei più noti punti vendita di attrezzature fotografiche di Napoli, ha spiegato i motivi del suo gesto estremo in un biglietto indirizzato ai familiari. Lo ha scritto di suo pugno, prima di chiudersi nel suo negozio e impiccarsi. La difficile situazione economica della sua attività professionale – che per lui era anche una grande passione – lo ha consumato fino a fargli perdere ogni speranza nel futuro. Tutto è accaduto nella mattinata di sabato, e l’allarme è scattato quando Umberto non è rientrato a casa per pranzo.
Sono stati gli agenti di una volante a forzare la serratura e a trovare il corpo ormai senza vita. Come riporta il Corriere, “nel biglietto lasciato a vista, Umberto Sbrescia invita i parenti a lasciare Napoli e parla dei suoi troppi debiti accumulati sia con lo Stato che con interlocutori privati, probabilmente fornitori con i quali aveva preso impegni che poi non avrà potuto onorare. Forse temeva lo sblocco delle cartelle esattoriali e l’arrivo di richieste di pagamenti alle quali non avrebbe potuto far fronte. Certamente la sua attività, iniziata con il padre nel 1958, aveva subito gravi danni a causa della pandemia”.
Lo storico negozio nei pressi di piazza Garibaldi, da sempre punto di riferimento di generazioni di fotografi, sia specialisti di cerimonie che fotoreporter, era ormai sempre meno frequentato. Rarissimi i set da allestire, pochissimi i professionisti della fotografia in grado di rinnovare le attrezzature. La stessa Accademia di Belle Arti, di cui era fornitore abituale, aveva ridotto sensibilmente le richieste per mancanza di attività “sul campo”. Il lavoro scarseggiava, e per Umberto era diventato sempre più difficile mantenersi ai suoi abituali livelli.
Sempre sul Corriere si legge: “Molti dei suoi clienti erano anche suoi amici, e quindi se qualche fotografo non aveva la possibilità di pagare in contanti una macchina, Umberto concedeva comode rateizzazioni, senza imporre all’acquirente di accedere a un finanziamento e quindi al versamento di rate piene di interessi. Allo stesso modo aiutava chi aveva l’attrezzatura ferma per un guasto, fornendo muletti senza chiedere nulla in cambio. Era fatto così Umberto Sbrescia, e perciò tutti quelli che lo conoscevano gli volevano bene. E adesso lo piangono”.
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