Un pezzo dopo l’altro continua a sfaldarsi il Movimento Cinque Stelle, che si trova a fare i conti con l’ennesimo addio, dopo i tanti dei giorni scorsi. A lasciare è stavolta il deputato Santi Cappellani, finito sotto accusa per non aver effettuato le restituzioni previste per i parlamentari pentastellati. Nei giorni scorsi, l’esponente catanese si era difeso sostenendo di non aver potuto procedere perché “tecnicamente impossibilitato: mi sono dimenticato la password, mi era già capitato lo scorso anno e ora non riesco ad accedere alle pagine che servono per caricare i bonifici”.
Stando a quanto scrive La Sicilia, ora sarebbe invece arrivato lo strappo, con il passo indietro definitivo e l’addio al Movimento: “Quanto scrivo è doloroso a me per primo. Non avrebbe senso rimanere in una squadra in cui non ci si riconosce più” scrive Cappellani. L’ex deputato del M5s parla di una “profonda frustrazione multipla”, accusando il colpo “di non poter rappresentare il termine di cui ci fregiamo (portavoce) e di non poter più rispondere ai territori per non minare gli equilibri di questo o quel governo”.
“Ci siamo imborghesiti, siamo finiti in una spirale di autoreferenzialità” è poi il commento di Cappellani. E sotto accusa il deputato ha messo la gestione del Movimento: “Quando sento la frase ‘pugno di ferro’ rabbrividisco”. Nei giorni scorsi lo stesso parlamentare aveva anticipato un po’ il suo stato d’animo, parlando di un “certo malessere” e ribadendo però allo stesso tempo di essere un grande sostenitore del governo Conte bis.
accuse vengono mosse nei confronti dei vertici pentastellati: “Dalla gestione del Movimento in Sicilia, questa sì in mano all’anarchia. Alcune scelte politiche a Palermo come a Roma mi paiono incomprensibili. Si è sempre parlato di tenere riservate le discussioni interne, fino al limite di un’odiosa omertà. E invece, sulle restituzioni, senza neanche un momento di confronto, io e molti altri siamo stati dati in pasto al pubblico in nome di un incomprensibile ‘pugno di ferro’, causando una vera e propria ‘shit storm’ nei confronti dei ritardatari, da parte degli attivisti, degli avversari politici e in ultimo anche dai media”.
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