Hanno lasciato tanti strascichi, le ultime elezioni europee. Quelle che hanno visto festeggiare, sostanzialmente, soltanto Matteo Salvini e quella Giorgia Meloni che ormai sogna di diventare un’appendice di una Lega sempre più forte, con la quale flirta a visto aperto. Di contro, Silvio Berlusconi rischia di aver definitivamente perso la sua creatura, Forza Italia, ormai prossima allo sgretolamento. E il Pd, nonostante la sconfitta dei Cinque Stelle, non ha guadagnato voti.
Continua, da una parte e dall’altra, la ricerca di un fantomatico “partito di centro” che vada a intercettare i voti degli scontenti grillini, quelli che all’ultima tornata elettorale piuttosto che tornare ai vecchi blocchi centrodestra-centrosinistra hanno preferito lasciar vincere l’astensionismo. Lo ha auspicato di nuovo Calenda nelle ultime ore, sottolineando come si tratterebbe di una soluzione auspicabile, con la benedizione del Pd. Lo invocano dalle parti di Forza Italia. Ma per ora, calma piatta all’orizzonte.
Attraverso le pagine del Corriere della Sera, Angelo Panebianco ha sottolineato come una simile struttura non può nascere con simili premesse quanto, piuttosto, per contrasto con i poli elencati poco fa. Non al servizio del Pd, come vorrebbe Calenda, ma in contrasto. E potrebbe avere un significato soltanto qualora il suo peso specifico non fosse irrilevante.
Un elemento decisivo, insomma, per formare un’asse Pd-Partiti di centro capace di ottenere numeri superiori ai partiti di destra, Lega-Fratelli d’Italia, che stando alle ultime elezioni sembrerebbero ormai lanciati verso la maggioranza. Raccogliendo al suo interno anche quei fuoriusciti di Forza Italia che non vogliono saperne di passare al Carroccio. “In tali condizioni, un partito di centro sarebbe indispensabile. Si chiama, in politica, fare di necessità virtù”.
Le città al Pd, la provincia alla Lega: il paradosso dell’Italia al voto