Una Lega sempre meno unita, quella che si avvicina alla data x. Martedì 20 agosto sarà il giorno della fatidica sfiducia a Conte, che con tutta probabilità finirà per mettere le proprie dimissioni in mano al presidente della Repubblica Mattarella. Un appuntamento al quale il Carroccio, apparso negli scorsi mesi come una muraglia compatta e priva di crepe, si avvicina con tante spaccature interne seguite alla spericolata decisione di Salvini di aprire la crisi di governo.
La linea è la seguente: dopo il 20, quando Conte non sarà probabilmente più presidente del Consiglio, si aprirà una nuova partita tra il Carroccio e il Movimento Cinque Stelle, sulla falsa riga di quanto successo già il giorno dopo il voto. Salvini ha già posto le basi per un ritorno al dialogo, con una clamorosa retromarcia che ha lasciato basiti anche alcuni suoi fedelissimi. Su tutti Giancarlo Giorgetti, che ha invitato il Capitano a non tornare sui suoi passi, anche per orgoglio.
Giorgetti resta dell’idea che sia necessario uno strappo totale con i Cinque Stelle. Tornare alle urne. E accettare, in caso di mancata tornata elettorale, qualche anno all’opposizione. Sempre meglio che smentire sé stessi e tendere ancora la mano ai Cinque Stelle dopo la clamorosa rottura. Un’idea comune a diversi fedelissimi del Carroccio, con Salvini che però insiste: “La linea la detto io”.
Da Zaia a Fontana, la lista dei leghisti che preferirebbero dire per sempre addio a Di Maio e compagnia pentastellata è lunga. Ma si scontra con la volontà di Salvini. Che teme di trovarsi lontano dal governo a lungo e sta ragionando sulle possibili alternative. Invitando il resto del partito, decisamente meno coeso che in passato, ad attendere le sue direttive.
Sora, il prete anti-migranti recita il mea culpa: “Pronto a chiedere scusa”