Una sconfitta che arriva da lontano, quella andata in scena in Umbria nelle scorse ore. Con il centrodestra a stappare lo spumante, la candidata Donatella Tesei a farsi fotografare festante, Salvini nel ruolo di mattatore assoluto che mette nel mirino il governo giallorosso, sempre più scricchiolante. Dietro la sconfitta in una Regione storicamente rossa c’è però una doppia chiave di lettura, una nazionale e l’altra specifica di un territorio che per la prima volta non sarà in mano alla sinistra.
L’alleanza Pd-Cinque Stelle, innanzitutto. Nata come fronte comune tra personalità decise a rimboccarsi le maniche, uomini “del fare” decisi a dare una svolta concreta, seria, a un’Italia che rischia di farsi abbindolare dal sovranismo rabbioso e improduttivo di Salvini. Nelle premesse, almeno. La percezione dell’elettorato è stata, piuttosto, quella di un’alleanza scapestrata, senz’anima, fatta soltanto per provare ad arginare la straripante crescita della destra a trazione leghista.
Pesano gli errori dei leader nazionali, che hanno prima mostrato titubanza, fiutando la sconfitta probabile, salvo poi buttarsi di colpo tutti insieme nell’arena per tentare di dare una disperata sterzata, inutile. Ma pesano anche le specificità di un territorio dove il centrosinistra ha perso piano piano fortini storici come Terni, Perugia, Spoleto, Montefalco, Todi. Uno stillicidio, senza che mai nessuno si fermasse a chiedersi il perché dell’improvviso cambio di vento.
L’Umbria rossa ha smesso di essere un modello, sporcata da vicende giudiziarie che hanno spazzato via le glorie passate. Dagli enti alle istituzioni pubbliche passando per le comunità montane, un sistema di favori in cambio di voti che ha fatto indignare i cittadini, alle prese anche con problemi come la rete ferroviaria mai ammodernata e l’inesorabile sparizione di aziende nella Regione. La scelta degli umbri, in fin dei conti, è stata semplicemente la più scontata.
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