Un popolo di santi, poeti e navigatori. Ma anche di corrotti e mafiosi. Il sondaggio di Libera (edito da Abele, curato da Francesca Rispoli, con la prefazione di Nando Dalla Chiesa) realizzato tramite un questionario consegnato a 10mila italiani su e giù per lo Stivale, ha evidenziato sostanzialmente due cose: la prima è che la maggioranza del Paese considera la mafia un fenomeno ormai quasi scomparso o circoscritto “al Sud”, la seconda è che ormai si considera la corruzione come intrinseca alla società italiana.
Ed è un paradosso, se invece si pensa che dal campione esaminato dal sondaggio di Libera emerge grande preoccupazione da parte dei cittadini per l’avanzare della corruzione, soprattutto in ambito politico. Verso la politica, infatti, il disinteresse e la sfiducia sono preponderanti: solo l’11,8% del campione ha infatti dichiarato di interessarsene. Il 90% degli intervistati considera invece la corruzione un processo irreversibile: per il 70% le tangenti sono ormai una prassi diffusa ad ogni livello, mentre il 30% degli intervistati (che nel caso specifico del Sud Italia sale al 40%) confessa di aver ricevuto la richiesta di una mazzetta. Dove c’è corruzione c’è prosperità per la mafia.
E le azioni di contrasto a questo sistema inquinato non sembrano sufficienti, almeno stando a quanto dice il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, che ha partecipato alla presentazione del sondaggio di Libera. “La politica non sembra curarsi di mafia e corruzione, non sono priorità, non c’è attenzione a questi fenomeni emergenziali” sentenzia lanciando l’allarme. Un allarme che pesa, visto il pulpito da cui proviene, e che mira a diffondersi in tutto il Belpaese.
La mafia, questa sconosciuta: le amnesie del decreto Salvini, un silenzio che fa rumore