Ce lo ricordava Luca de Biase sul Sole24Ore qualche tempo fa in riferimento alla pubblicazione del 13 Rapporto sulla Comunicazione del Censis, ma lo scopriamo anche dal rapporto Digital in 2016 di We Are Social, una delle più importanti multinazionali della comunicazione digitale: l’utilizzo degli smartphone è in crescita nel nostro paese, in gran parte grazie o per causa di social network e piattaforme online di servizi che ormai sono indispensabili per la nostra vita quotidiana.
Ci dice il Censis infatti che il 64,8 degli italiani usa gli smartphone con un +12% di utenza nell’ultimo anno e un +190% di spese in consumi tecnologici, alla faccia della crisi. Una così evidente propensione alla tecnologia porta con sé delle conseguenze importanti a livello sociale: da una parte si amplia il divario tra vecchi e giovani, o potremmo anche dire tra chi usa le tecnologie digitali e chi non le usa, e dall’altra si fa strada la convinzione che la democrazia del web (dalle fonti di informazione ai servizi di sharing) risponda in maniera più efficace alle esigenze di una collettività (o per meglio dire di una “community”) sempre più connessa, geograficamente dislocata e mal governata dai poteri forti.
In altre parole, il fatto che gli italiani investano in tecnologia e che l’utilizzo degli smartphone sia in crescita e consenta di usufruire di servizi e informazioni online è sicuramente un dato positivo, ma nasconde una importante analfabetizzazione funzionale relativa al web che non consente a quelli che Mentana ha definito “webeti” di passare ad un utilizzo più avanzato della rete e dei servizi oggi disponibili, perché non sono in grado di comprenderne pienamente le dinamiche, i rischi e le opportunità.