A che punto siamo con il vaccino per il Coronavirus? Il dibattito infiamma la politica, i media e i social. Da quello che si è capito sulle prime è che anche in questo campo regnano le leggi del mercato. Per cui, chi più finanzia, chi più paga, prima riceverà le cure. Tra i governi mondiali si sta giocando una vera e propria guerra al vaccino. Come spiega Giada Ferraglioni su Open, “mente i Paesi sgomitano per essere i più veloci a prenotarsi le prime dosi (ancora in fase di sperimentazione), l’Italia rischia di arrivare impreparata al momento clou, e di dover fare i conti con cifre d’acquisto elevatissime”.
A risvegliare le coscienze sull’argomento è stato il caso Sanofi, l’azienda farmaceutica francese che ha ammesso a Bloomberg di aver stipulato un accordo con gli Stati Uniti per assicurare loro la priorità sulla distribuzione del vaccino. “La Sanofi – si legge su Open – aveva poi ritrattato la dichiarazione a seguito delle contestazioni della Francia (in primis) e dell’Europa più in generale. Parole che realisticamente lasciano il tempo che trovano, considerando che la prelazione esiste e, per ora, resiste. Il governo italiano per il momento non sembra avere un piano B rispetto alla linea di principio tracciata dalle Organizzazioni internazionali”.
Il portavoce del ministro Roberto Speranza, contattato da Open, fa sapere che “attualmente non risultano accordi con case farmaceutiche, confermando implicitamente i dubbi e i timori di queste ore. Non c’è stata una mossa neppure per quanto riguarda l’azienda Irbm di Pomezia, che da tempo sta lavorando alla misura clinica preventiva insieme all’Università di Oxford. L’azienda, a quanto si apprende, avrebbe già firmato un accordo di prelazione con Londra, nel quale si stabilisce che il Regno Unito sarà il primo Paese ad avere avere accesso al potenziale vaccino ChAdOx1 nCoV-19”.
Anche Boris Johnson, che pure diverse volte si era espresso contro le guerre e le strategie di mercato, ha fatto sapere che, se la sperimentazione tra Pomezia e Oxford dovesse andare a buon fine, a Londra saranno destinate 30 milioni di dosi a settembre. “Mancano ancora due mesi prima che il vaccino in studio allo Spallanzani (caso unico in Italia) possa far partire le sperimentazioni sull’essere umano. Alla luce dei retroscena internazionali, l’unica speranza è che l’Italia e l’Europa si muovano bene – e alla svelta – sul fronte comune per la ricerca e la distribuzione”.
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