Houston abbiamo un problema. Arriva l’allarme da parte della base del Movimento 5Stelle, soprattutto quella radicata nei territori che (più degli altri) sono stati traditi. Perché da quelle parti ci avevano creduto davvero, e la macchina della comunicazione della Casaleggio, per quanto potente, non riesce a nascondere la realtà in Val di Susa, a Roma, in Puglia e in Sicilia. Si parla quindi di Tav, Tap in Salento, Ilva a Taranto, raffinerie a Gela, trivelle nello Ionio, in Adriatico e in Basilicata, Muos a Niscemi in provincia di Caltanissetta, inceneritori in mezza Italia, caos rifiuti a Roma (più gli altri immensi problemi della Capitale, che a parte Spelacchio non ha visto miglioramenti nemmeno quest’anno).
Da Nord a Sud, tante bandierine gialle piantate dal M5s e altrettante vittorie conquistate alle ultime elezioni politiche. Ma ora una delle Cinque stelle originarie, quella dell’ambiente, è diventata una meteora. Dopo sette mesi di autoproclamato “governo del cambiamento” è tanta la distanza tra le promesse e i consensi ottenuti da un lato e le azioni dei grillini sulle questioni ambientali dall’altro.
La retorica ambientalista finora ha portato a Di Maio e soci solo polemiche e retromarce. Sul No alla Tav, l’esecutivo è appeso all’analisi costi-benefici. Peccato che i numeri del 4 marzo parlino una lingua diversa rispetto al grillismo di governo. Nei Comuni della Val di Susa vicini al cantiere dell’alta velocità, i Cinque Stelle hanno ottenuto percentuali da capogiro: in tutta la valle No-Tav il M5s ha superato abbondantemente il 30% dei voti. Cifre ancora più impressionanti a Melendugno, in provincia di Lecce, punto di approdo del gasdotto Tap…
Nella cittadina del Salento i grillini hanno conquistato il 67%. Proprio il paese dove, a fine ottobre scorso, i cittadini hanno bruciato le bandiere del Movimento in seguito alla decisione del governo di dare il via libera alla grande opera. In tutta la provincia di Lecce, dove sono presenti anche impianti di trivellazione in mare, il partito guidato da Di Maio ha ottenuto il 42%.
Nella Puglia dei No-Triv, i Cinque stelle hanno sfiorato il 43%. E da ieri fa discutere la notizia dell’autorizzazione, concessa da Di Maio, di tre nuovi permessi di ricerca a largo dello Ionio. Anche la Sicilia è terra di petrolio, proteste ambientaliste e disastri ecologici, come quello provocato dall’ex polo petrolchimico Eni di Gela. Nella città della raffineria, il M5s ha preso quasi il 47%. Un altro focolaio critico delle promesse disattese è Taranto, città dell’Ilva. “Impianto da chiudere” secondo i grillini in campagna elettorale con la promessa di Grillo di farne un parco.
Poi Di Maio al governo ha firmato con la società Arcelor Mittal un accordo simile a quello del suo predecessore Carlo Calenda. Nella città delle acciaierie il M5s ha ottenuto il 44%. Infine la Basilicata: prima di Natale il governo si è costituito in giudizio contro la Regione in merito all’autorizzazione del nuovo impianto “Masseria La Pergola”, e in tanti si sentono traditi, soprattutto dopo il 43% dei voti dato al M5s il 4 marzo. E adesso? Speriamo che i “traditi” si sveglino e capiscano di che pasta è fatta la macchina da bufale dei 5Stelli. Si intenda, non le mozzarelle (magari!): ma le fake news.
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