L’ultima volta con un suo libro, “Peccato originale”, aveva fatto scoppiare una vera e propria bomba in Vaticano, facendo nascere l’inchiesta (anche della procura di Roma) sui presunti abusi ai chierichetti del preseminario San Pio X. Adesso Gianluigi Nuzzi è pronto a un altro colpo, e ha fatto sapere che una copia del suo nuovo libro, “Giudizio Universale”, è già stata fatta recapitare sul tavolo del promotore di Giustizia vaticano. “Lo ha consegnato, con una mia breve nota firmata, l’avvocata Angela De Rosa”. Il libro è un’inchiesta sullo stato delle finanze vaticane, di cui Ezio Mauro ha anticipato i contenuti su Repubblica.
“La situazione vaticana – dichiara il giornalista a Repubblica – è sicuramente peggiorata rispetto a quando Benedetto XVI ha deciso di fare un passo indietro. Tutti i parametri sono precipitati. Però io credo che il Santo Padre sia determinato a invertire la china rispetto a quella che non è una ferita, ma un’emorragia. Ma gli strumenti che ha sono insufficienti. Secondo me siamo di fronte a un collasso del management, gli strumenti sono vetusti, lo dicono i documenti, c’è una parcellizzazione delle competenze e inadeguatezza della classe dirigente”.
Le entrate crollano, le spese galoppano: dai 16,4 milioni del 2015 si è passati ai 26,6 del 2017, mentre le consulenze si sono gonfiate del 147 per cento, e gli acquisti sono decollati: +219 per cento. E c’è ancora il macigno dello Ior: già nel 2013 Francesco chiese ai suoi di valutare se fosse il caso di pensare a una struttura completamente nuova. C’è bisogno di rinnovamento, dunque, non solo nelle strutture e nel managment ma anche nel personale, e questo è un grande scoglio da superare per il sistema Vaticano.
Inoltre, i veleni interni si intrecciano alla crisi, e non fanno altro che complicarla. Come spiega Mauro su Repubblica, “la crisi finanziaria del Vaticano è arrivata a evocare il fantasma del sacro default”. E il volume di Nuzzi – con tremila carte riservate – racconta come si è arrivati sull’orlo del precipizio. L’ultimo atto a fine maggio, quando Francesco riceve il bilancio dell’Apsa e scopre che “per la prima volta nella storia” l’esercizio 2018 è in rosso. Le cause?
Una gestione clientelare e senza regole che copre abusi, privilegi, contabilità fantasma, e il continuo sabotaggio dell’azione del Papa per cambiare le cose”. È il Consiglio per l’Economia a informare il Santo Padre che la situazione è “preoccupante”, ma anche a denunciare che “mancano informazioni fondamentali”. Dopo la punta di 101 milioni nel 2006, l’Obolo di San Pietro è crollato a 51 milioni nel 2018.
La crisi fa sì che il 58% serva a ripianare i buchi della Curia, mentre il 20% resta nei depositi, col risultato che su 10 euro di offerte solo 2 vanno ai bisognosi. Nuzzi, infine, evidenzia anche che su 4.421 edifici di proprietà della Santa Sede, 800 sono sfitti, e dei 3.200 beni in locazione il 15 per cento è a canone zero, metà a prezzi di favore.
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