In Veneto la situazione è sempre più allarmante. Anche gli obitori ora non sanno più dove mettere le salme, come nel caso di Montebelluna. “Siamo al collasso”, denuncia il sindacato dei medici ospedalieri agitando così lo spettro di Bergamo. La zona trevigiana è terra ad altissimo contagio, ragione per cui anche i funerali devono attendere perché i parenti non possono uscire di casa. I morti però sono troppi e spaventano. Come racconta il Corriere, “a Verona stanno invece liberando frettolosamente decine di posti nelle terapie intensive per fare spazio ai Covid. Poi c’è Schiavonia, in quella Bassa Padovana, dove ci sono più ricoverati di marzo e aprile, manca il personale e quello che c’è è ridotto allo stremo”.
“Devo dirlo, purtroppo: stiamo dando segni di cedimento”, confessa il primario di Anestesia e rianimazione, Fabio Baratto. Treviso, Verona, Padova. Ma non solo. In Veneto il problema è generale e quella macchina della sanità che aveva superato brillantemente l’esame della prima ondata, è in frenata. A certificarlo sono i numeri: ieri la regione ha sfornato i peggiori d’Italia su contagi (3.324) e decessi (165), superiori anche a quelli della Lombardia, da sempre la pecora nera nazionale. E ora è lo stesso governatore Luca Zaia ad alzare la voce con i suoi concittadini: “Evidentemente non abbiamo più paura di morire…”.
Zaia ce l’ha soprattutto con la “frangia consumista di incivili” che ha preso d’assalto le città. Ma al tempo stesso cerca di preservare fatturati di ristoratori, baristi, albergatori, e condanna chi vorrebbe fermare le attività: “È facile dire chiudiamo tutto con il portafoglio degli altri”. Da una parte striglia chi si ammassa nei locali, dall’altra difende chi li apre, camminando sul filo della nuova pandemia come un equilibrista e sperando forse che a imporre le restrizioni sia il governo. Ma ci sono i risultati di uno studio chiesto dalla Regione che sembrano non lasciare dubbi su quanto sta succedendo in questo territorio.
Ne ha ha parlato ieri Francesca Russo, medico e capo del dipartimento di Prevenzione della Regione, un po’ la regista del modello veneto e da sempre schiva con i media: “Il mondo produttivo è quello che si infetta di più e fa da vettore per gli anziani che finiscono in ospedale e talvolta muoiono”. Ma se la situazione è questa, per quale ragione il Veneto continua a rimanere zona gialla? È un fatto di parametri, di indici, sui quali incide naturalmente la percentuale di occupazione delle terapie intensive.
Ti potrebbe interessare anche: Mattarella: “Il Covid? Pensiamo al futuro, ma servono ancora sacrifici”