Sorpresa e imbarazzo per una decisione che sta facendo discutere l’Italia intera: nessuna condanna, al momento, per l’omicidio di Ahmed Fdil, il clochard marocchino di 64 anni, bruciato vivo “per noia” il 13 dicembre 2017 a Santa Maria di Zevio (Verona) mentre stava dormendo in auto, unica sua abitazione. C’è solo un imputato per l’omicidio del senzatetto, un 17enne per cui oggi il tribunale dei Minori di Mestre ha deciso di sospendere la sentenza per tre anni, un periodo che viene considerato di “messa alla prova”.
In realtà sono due i giovani accusati di aver dato fuoco all’auto in cui Ahmed Fdil stava dormendo: oltre al 17enne, anche un suo amico 13enne che è però uscito subito dal procedimento perché minore di 14 anni. All’epoca dei fatti i due ragazzi avevano raccontato di aver compiuto il gesto senza alcuna ragione, ma solo “per noia”.
“Non me l’aspettavo”. È questo il primo commento di Alessandra Bocchi, legale dei familiari della vittima. All’uscita dal tribunale l’avvocato ha detto che “in riferimento alla decisione del giudice Maria Teresa Rossi” sulla sospensione della sentenza, “prendiamo atto dell’ordinanza l’accettiamo e la rispettiamo”. “Tuttavia – ha aggiunto il legale -, considerato il tipo di reato, ovvero l’omicidio volontario aggravato dalla minorata difesa, secondo noi si sarebbe potuti arrivare a sentenza”.
Va ricordato infine che i familiari della vittima, il clochard bruciato vivo, non si sono potuti costituire parte civile perché la legge non lo ammette nei processi con imputati minorenni. E così la famiglia di Ahmed non ha potuto ottenere alcun risarcimento.
Ahmed “il Baffo” Fdil, era di origini marocchine e aveva 64 anni, trentacinque dei quali trascorsi in Italia lavorando come operaio. Quando, in seguito alla crisi, aveva perso il posto, si era ridotto a vivere come un clochard, trasformando nella sua casa una vecchia Fiat Bravo abbandonata a poca distanza dalla piazzetta di Zevio.
In paese era ben voluto da tutti, tranne che dai due amichetti che lo tormentavano da tempo. “Davamo molto fastidio a quel signore. Lo facevamo per noia”, ha spiegato il tredicenne al magistrato.
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