Non si può certo dire che sia stata una genesi felice, quella del nuovo Consiglio Superiore della Magistratura, organo che garantisce l’autonomia e l’indipendenza dei giudici dagli altri poteri dello Stato. E che ha finito per spaccarsi prima ancora di nascere, insediandosi e dividendosi subito al momento del primo atto ufficiale della sua brevissima vita: la nomina del vicepresidente. Tre le votazioni richieste la prima e la seconda a maggioranza qualificata, la terza a chi prende più voti. Proprio al tentativo numero 3 l’ha spuntata, di fronte a Sergio Mattarella che del Csm è anche presidente come stabilito dalla Costituzione, David Ermini. Renziano doc ed ex responsabile Giustizia del Pd, un nome che ha scatenato fin da subito reazioni decise.
“Sono emozionato, non ho preparato un discorso, mi richiamo a quanto ha detto Mattarella due giorni fa. Dovremmo essere rispettosi della legge e della costituzione perché nessuno è al di sopra della legge” ha detto Ermini, annunciato tra l’altro subito la sua fuoriuscita dal Pd per ricoprire il nuovo ruolo, dopo aver battuto il l professore Alberto Maria Benedetti (vicino ai grillini) per 13 voti a 11. E che proprio dalla galassia pentastellata ha subito ricevuto pesanti accuse, con il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede a farsi carico della protesta: “Prendo atto che all’interno del Csm, c’è una parte maggioritaria di magistrati che ha deciso di fare politica”.
A fargli eco è stato poco dopo Luigi Di Maio: ” “È incredibile! Avete letto? Questo renzianissimo deputato fiorentino del Pd è appena stato eletto presidente del Csm. Lo hanno votato magistrati di ruolo e membri espressi dal Parlamento. Ma dov’è l’indipendenza? E avevano pure il coraggio di accusare noi per Foa che non ha mai militato in nessun partito”. I segnali di una guerra già iniziata tra il Csm e i Cinque Stelle sono evidenti, con Mattarella nel ruolo di arbitro in un momento in cui, all’interno della maggioranza, le tensioni non mancano. Tace ufficialmente il fronte leghista, con diversi esponenti che si sono però mostrati solidali con l’alleato di governo: “L’attacco di Bonafede – ha denunciato la dem Debora Serracchiani – conferma il patto d’acciaio che salda la Lega e il M5S. Contro l’informazione e la magistratura si sentono toni che riecheggiano il Berlusconi ai suoi tempi d’oro”.
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