Per l’ennesima volta tutti i media, e i social, si ritrovano a lodare e fare il tifo per gli eroici vigili del fuoco che in queste ore sono partiti dall’Italia per andare a prestare soccorso in Albania. Il violentissimo terremoto ha causato danni enormi, e i pompieri italiani stanno dando il loro contributo per cercare i dispersi e valutare i danni degli edifici ancora in piedi. Ma se da una parte, appunto, tutti quanti ci ritroviamo a lodare e il loro eroismo e a ringraziarli per il loro lavoro, dall’altra c’è chi denuncia l’abbandono da parte dello Stato e l’incuria della classe politica nei confronti di un corpo così importante e di cui andiamo fieri nel mondo. A creare scalpore è il caso dei tre vigili del fuoco morti nell’esplosione di Quargnento. Dopo il dramma di chi è morto, si apre ora anche uno scenario drammatico per coloro che devono sopravvivere nella concretezza della quotidianità senza più (e d’improvviso) poter contare sul sostegno e sul sostentamento di cui i tre vigili del fuoco si erano coscienziosamente assunti l’onere in vita. Su quali risorse potranno contare per abitare, per mangiare, studiare, curarsi e partecipare all’esistenza attiva?
Ne scrive oggi La Stampa, raccontando la storia dei famigliari dei vigili del fuoco morti in servizio. I pompieri sono esclusi dall’Inail. Gli eroi più amati d’Italia, esposti a ogni tipo di rischio, fiore all’occhiello di cui si fregiano politici di ogni colore, sono stati traditi proprio dalla politica. Le loro istanze, tra cui appunto la copertura Inail sollecitata da tempo immemore, sono state disattese dal decreto sicurezza ancora una volta tre mesi prima della tragedia.
Se fossero stati assicurati all’Inail, le vedove dei tre deceduti per infortunio sul lavoro avrebbero avuto diritto a una “rendita” (impropriamente chiamata pensione) pari a poco più di 1250 euro al mese per tutta la vita (per i figli minori una quota percentuale). I feriti, poi, avrebbero avuto diritto al risarcimento una tantum di un danno biologico (in caso di invalidità permanente tra il 6 e il 15%) o a una “rendita diretta” mensile (impropriamente pensione) per danno superiore al 16%. Invece no: non l’avranno né le vedove né i feriti, perché i vigili del fuoco non hanno l’Inail.
Hanno, sì, un fondo specifico, ma con prestazioni diverse e inferiori a quelle previste dall’Istituto di Assicurazione Infortuni sul lavoro che, tra l’altro, per tutte le categorie che ne hanno diritto, sono cumulabili con la pensione vera e propria erogata dall’Inps. L’Inps verserà una “pensione diretta” alle vedove e ai figli, pari rispettivamente al 60% e al 20% (per ogni figlio) di quello che avrebbe preso il marito in base ai contributi versati. Vista la giovane età delle vittime, saranno però cifre piuttosto modeste.
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