Ignazio Visco, nella più totale sorpresa, seduto in cattedra per presentare il suo ultimo libro alla scuola Sant’Anna di Pisa, si è lasciato scappare una frase che farà molto, molto discutere. “La Germania ha speso 60 miliardi per salvare il sistema bancario, cosa che a noi dopo è stato impedito”. Il riferimento è ai maxi interventi pubblici del 2008 sugli istituti tedeschi, all’indomani del crac della banca d’affari Lehman Bro-thers. All’epoca il nodo infatti verteva quasi tutto attorno all’esposizione agli strumenti derivati, gli stessi che hanno mandato piedi all’aria le banche di Wall Street, di cui la Germania era (e in misura minore lo è ancora) zeppa.
In quegli anni le sofferenze non erano considerate un problema, motivo per cui l’Italia non ha avviato i salvataggi pubblici. Anzi, per decenni la politica italiana ha incentivato le banche a sostenere il Pil tricolore concedendo a molte filiere produttivi fidi praticamente perpetui.
I governi di Roma consideravano la politiche delle sofferenze una droga necessaria, per pompare l’economia. È stato il passaggio di testimone tra Roma e Bruxelles a cambiare improvvisamente i parametri, e a quel punto il sistema bancario italiano si è trovato fuori gioco. Costantemente sotto capitalizzato e in difficoltà. Visco dialogando con gli studenti ha aggiunto: “Non siamo una federazione Ue ma un insieme di Paesi con sistemi bancari e industriali diversi dove la discussione politica è complessa”.
Non solo, la mancanza dell’unità europea ha limitato le politiche reflazionistiche dopo la crisi finanziaria globale, “politiche invece attuate da Usa e Cina”, ha aggiunto spiegando che a bloccare le dinamiche è stato “l’incubo della Germania” di dover pagare i costi per una eccessiva spesa pubblica di altri Stati, “ma questo non è mai successo”, ha concluso Visco.
In pratica, il numero uno di Bankitalia fa emergere i limiti di una politica troppo filotedesca e in poche e sincere parole spiega per quali motivi all’Italia sia stato impedito di mettere mano al debito pubblico per ricapitalizzare una volta per tutte l’intero sistema bancario. Lasciandolo di conseguenza in balia dell’evolversi della Vigilanza bancaria Ue, sempre più “soggettiva” nei sui interventi.
Sarebbe stato bello ascoltare le stesse parole di Visco però in Parlamento, e magari davanti a platee ufficiali. A partire dal 2011… Invece, niente. Così come le critiche sul bail in: sono state sempre fatte a posteriori, e mai poste al momento opportuno. Cioè ai tavoli decisionali e al momento delle scelte definitive.
Ti potrebbe interessare anche: L’allarme di Visco: “Ecco come l’Europa perderà anche l’unione monetaria”