Vittorio Sgarbi è stato condannato per diffamazione a seguito di commenti denigratori nei confronti di Rocco Casalino, pronunciati durante un dibattito televisivo nello show “Stasera Italia”, su Rete4, risalente al 30 gennaio 2020. Nonostante l’invocazione dell’immunità parlamentare da parte di Sgarbi, la condanna prevede il pagamento di una multa di 1.000 euro, oltre al rimborso delle spese processuali per un totale di 3.000 euro. Tuttavia, la questione non si conclude qui. Il risarcimento civile per il portavoce del leader del Movimento 5 Stelle (M5s), Giuseppe Conte, deve ancora essere quantificato, con stime che prevedono una somma intorno ai 50mila euro.
Sgarbi, in un discorso carico di rabbia contro il M5s, e in particolare contro i ministri dell’epoca Luigi Di Maio e Lorenzo Fioramonti, si scagliò anche contro il portavoce di Conte, affermando che fosse inadeguato per il ruolo ricoperto e definendo Casalino “una checca inutile”.
Checca non è sinonimo di omosessuale
Il termine dispregiativo usato da Sgarbi generò molte polemiche. In seguito, Sgarbi cercò di ridimensionare la gravità delle sue parole, affermando di non aver inteso offendere Casalino e che il termine che aveva usato era semplicemente un sinonimo di “omosessuale”.
Ciononostante, l’avvocato Tommaso Gioia, rappresentante della parte civile, ribadì in aula il principio già stabilito dalla Cassazione, secondo il quale “per il reato di diffamazione non è invocabile l’immunità parlamentare: il politico che diffama un avversario politico non può ottenere l’immunità in quanto manca qualsiasi nesso funzionale con l’attività parlamentare”.
Gioia ha inoltre evidenziato che il termine “checca” non è un sinonimo di “omosessuale” e che Sgarbi, precedentemente condannato per diffamazione, dovrebbe ormai aver compreso “la soglia del limite oltre la quale il proprio esprimersi trascende nella lesione della reputazione e, in questo caso, della sofferenza altrui”. Ha aggiunto che Casalino “non ha mai fatto mistero della sofferenza provata in passato e che prova ogni volta che viene discriminato per il suo orientamento sessuale”.
La gravità del caso è accentuata dalla notorietà dei soggetti coinvolti e dalla risonanza mediatica della notizia, che hanno contribuito a rendere la diffamazione “di eccezionale gravità”. La questione passa ora in sede civile, dove sarà quantificato il risarcimento dovuto a Casalino.