C’è un argomento che, su tutti, ha tenuto banco nella riunione chiesta e ottenuta da Luigi Di Maio con i ministri del Movimento Cinque Stelle: le reali intenzioni di Matteo Salvini. Il timore del leader pentastellato, nonostante le rassicurazioni della Lega, è che il Capitano voglia andare all’arrembaggio il prima possibile, per incassare quel consenso che, sondaggi alla mano, gli permetterebbe di dar vita a un nuovo governo nel ruolo di premier.
Da qui la necessità di un confronto con i vertici del partito, con Di Maio che resta convinto del rischio rottura, altissimo, prima del 20 luglio. Quella la data da segnare in rosso sul calendario: arrivarci con un governo ancora solido significherebbe chiudere la finestra elettorale di settembre e quindi del 2019. Due le armi che i grillini temono: procedura d’infrazione Ue e flat tax. Da qui la richiesta fatta dal numero uno del Movimento: niente guerra con la Lega sulla cosiddetta tassa piatta.
Il volo di Salvini negli Stati Uniti, da questo punto di vista, non ha fatto altro che rafforzare i timori di Di Maio e dei suoi fedelissimi: il Capitano nel giro di 24 ore ha incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence e il segretario di Stato Mike Pompeo, due delle personalità di spicco dell’amministrazione Usa. Un modo, all’occhio dei Cinque Stelle, per iniziare a legittimare anche all’estero la sua figura di futuro Presidente del Consiglio.
Per sicurezza, Di Maio ha detto a tutti di tenersi pronti all’eventuale voto anticipato: “definire tutti i dossier ancora aperti” e “prepararsi alla campagna elettorale con un bottino di risultati ottenuti in questo anno di governo”. Bisogna puntare su nuovi temi che abbiano la stessa potenza evocativa del reddito di cittadinanza, e quindi lavoro e tasse. Sul fronte rimpasto, con Toninelli e la Grillo nel mirino della Lega, la linea resta invece quella dura: che sia Salvini a esporsi e chiedere nuove poltrone.
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