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La Lega salva Cesaro, accusato di scambio di voti. No a utilizzo intercettazioni

Voto di scambio: che vuoi che sia! La Lega salva il forzista Cesaro: la Giunta di Palazzo Madama congela le intercettazioni di “Giggin a’ purpett”. Il Senato se ne lava le mani e sul caso di Luigi Cesaro anziché decidere, rinvia gli atti al tribunale. Questo q+uanto deciso ieri dalla giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama che si era riunita per decidere in merito alla richiesta del gip Antonio Santoro di autorizzare l’utilizzo di alcune telefonate che avevano inguaiato il senatore campano, in quota Forza Italia.

Intercettazioni che hanno coinvolto Cesaro, detto Giggin a’ purpett, al punto da renderne necessaria l’iscrizione al registro degli indagati perché accusato del reato di voto di scambio. Un’istanza il cui esito sembrava scontato, sia per la gravità dei fatti contestati al senatore che per la presa di posizione dei grillini della giunta sicuri che la richiesta sarebbe stata approvata, ma che finiva in modo del tutto inatteso.

Al momento della conta dei voti, infatti, i conti in seno alla maggioranza non tornavano e la sollecitazione veniva rigettata. In altre parole qualche manina tra le fila della Lega si era schierata con l’opposizione facendo naufragare l’atto che così veniva rispedito al mittente. Una decisione che, almeno ufficialmente, veniva giustificata con una questione di incompatibilità. Questo perché derivante dal fatto che l’indagato al momento dei fatti non era un senatore ma un deputato della Camera.

Per questo, secondo la giunta, è a quest’ultima che deve essere presentata la richiesta di utilizzo delle intercettazioni. Insomma è tutto da rifare. L’inchiesta che ha coinvolto il senatore ed ex presidente della provincia di Napoli, conta ben 29 indagati tra cui diversi suoi familiari incluso il figlio Armando Cesaro, quest’ultimo capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale, e riguarda fatti compresi tra maggio e giugno 2015.

Cioè proprio il periodo nel corso del quale si sarebbero tenute le elezioni regionali in cui era candidato il figlio Armando. Ed è proprio per aiutare quest’ultimo che Giggin a’ purpett si sarebbe speso senza risparmiarsi. Promesse di appalti, nomine nelle amministrazioni e assunzioni. Dal piccolo favore alla maxi commessa tutto era lecito pur di raccattare qualche voto per l’adorata prole. Una lunga lista di favori, per lo più promessi, che sono stati inseriti nell’avviso di conclusioni indagini firmato dal pubblico ministero Simone De Roxas.

Tra questi si va dalla promessa ad un imprenditore di fargli ottenere un appalto da 10 milioni di euro nell’Area di Sviluppo Industriale nel casertano, fino a fatti ben più piccoli come quando prometteva ad una famiglia un’assunzione in Poste Italiane in cambio di trenta voti che avrebbero dovuto documentare fotografando le schede elettorali. Questo fatto, oltre a svelare la vera natura della Lega, inguaia (e non poco) anche i 5Stelle, colleghi di maggioranza.

 

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