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Yulduz e Fariba Hashimi, un altro messaggio di libertà da atlete afghane. Vere eroine

Parigi 2024 diventa il palcoscenico di una storia di coraggio e speranza. Durante la gara in linea di ciclismo femminile, dopo soli 35 chilometri, un gruppo di cinque atlete ha preso il comando. Tra queste, spiccavano i volti delle sorelle afghane Yulduz e Fariba Hashimi. Sebbene il loro tentativo non si sia concluso con la vittoria, il loro messaggio ha risuonato forte e chiaro.

La partecipazione delle sorelle Hashimi va ben oltre la competizione sportiva. Rappresentano un simbolo di libertà per le donne del loro paese, l’Afghanistan. Dopo essere fuggite nel 2021, Yulduz e Fariba sognano un Afghanistan dove le donne possano studiare e praticare sport senza restrizioni. Alla domanda sul perché abbiano scelto di rappresentare l’Afghanistan anziché il team dei Rifugiati, hanno risposto decise: “Vogliamo farlo perché le cose devono cambiare”. Questa scelta coraggiosa non è priva di rischi. La loro famiglia ha dovuto cambiare residenza quattro volte per evitare ritorsioni, e il loro fratello minore è stato brutalmente aggredito, con un messaggio minaccioso: “Questo è per le tue sorelle che sono alle Olimpiadi”.

Nonostante tutto, Yulduz e Fariba non si arrendono. In Italia, sono sostenute dall’associazione ‘Road to Equality’, guidata dall’ex campionessa del mondo Alessandra Cappellotto, che agisce come una seconda madre per loro. Questa organizzazione supporta cicliste provenienti da nazioni in difficoltà, dove la vita è dura e pericolosa.

Le sorelle Hashimi non sono sole nella loro protesta. L’atleta afghana Kimia Yousofi ha sfruttato la sua partecipazione alle Olimpiadi per un gesto simbolico. Pur consapevole di non avere speranze di avanzare oltre le batterie dei 100 metri, Yousofi ha trasformato la sua corsa in una dichiarazione di coraggio. Con un tempo di 13″42, ha mostrato alle telecamere un pettorale su cui aveva scritto in inglese “Education” (Istruzione), “Sport” e “Our rights” (I nostri diritti), nei colori della bandiera afghana.

Nel post-gara, Yousofi ha spiegato il significato del suo gesto: “Penso di dovermi sentire responsabile nei confronti delle ragazze afghane perché non possono parlare. Qui posso parlare con i media ed essere la loro voce. Vogliono diritti fondamentali, istruzione e sport”. Le sue parole evidenziano l’urgenza di un cambiamento per le donne afghane, che dal 2021 vivono sotto crescente repressione.

Le azioni delle sorelle Hashimi e di Kimia Yousofi a Parigi dimostrano come lo sport possa essere un potente strumento per sollevare questioni di diritti umani. I loro gesti attirano l’attenzione globale sulla situazione delle donne in Afghanistan, richiedendo un cambiamento e riaffermando la necessità di riconoscere e rispettare i diritti delle donne ovunque. Indipendentemente dall’esito delle gare, Yulduz, Fariba e Kimia hanno già vinto, portando un messaggio di speranza e determinazione che risuona ben oltre i confini sportivi di Parigi.

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