Anche Nicola Zingaretti sposa la linea dura: o il governo svolta, o si va al voto. Sono giorni molto complicati per la maggioranza. Conte è sotto assedio e cerca una strategia per salvare il governo. I partiti, dal canto loro, iniziano a pensare al “dopo”. Secondo Zingaretti, un anno e mezzo fa il Pd avrebbe dovuto affrontare le elezioni da solo, e fu una delle ragioni che affossarono l’opzione del voto, stavolta potrebbe farlo insieme al M5S. E questa è la vera svolta. Come riporta anche Repubblica, “nessuno ha certezze sull’esito della verifica. In queste ore tutti i leader sono impegnati a prefigurare le mosse proprie e quelle altrui, incastrandole secondo tutte le variabili”.
Zingaretti sta affrontando la fase con un profilo basso: poche dichiarazioni, messaggi mirati, molta preoccupazione. C’è da evitare un doppio concreto rischio: che il Pd appaia subalterno all’azione di Renzi contro Conte, o peggio, mandante occulto; ma anche evitare che passi come difensore dello status quo. Perché su questo punto Zingaretti è deciso e non ha nascosto il suo pensiero a nessuno degli interlocutori: il governo è paralizzato, il programma langue, avanti così non si può andare. I dem si aspettano dunque che Conte abbia il coraggio e la volontà di proporre le mediazioni più avanzate per disincastrare i troppi dossier fermi (Mes, fondi Ue, riforme economiche e istituzionali).
Ma anche quello di rafforzare una squadra di governo con troppi ministri in difficoltà. Visti dal Nazareno i punti fermi riportati da Repubblica sono questi: “Quello di Matteo Renzi non è un bluff; se Conte non trova una formula per sbloccare l’impasse, Renzi aprirà la crisi; lo farà perché il progetto politico di Italia Viva è tecnicamente fallito e non ha più interesse a tenere viva la formula di governo che lui stesso ha propiziato l’estate scorsa; se accadrà, il Pd non ha intenzione di partecipare a formule di governo tecniche o di cosiddetta unità nazionale. Su questo la divergenza con Renzi è netta, anche se nel Pd non tutti la pensano come il segretario. Zingaretti lo ha spiegato così a un suo dirigente: ‘Trovo curioso che molti di quanti contestano l’innaturalità del governo con il M5S siano gli stessi che ora ci propongono di farne uno con Salvini e Meloni'”.
Renzi si dice certo che, caduto Conte, nascerà sempre e comunque un nuovo esecutivo: troppe emergenze in corso, il Covid, il Recovery Plan da definire, e troppe forze politiche terrorizzate dal ritorno al voto, a cominciare da M5S e Forza Italia, che ne decimerebbe le truppe parlamentari. Ma qui, appunto, c’è la convinzione di Zingaretti che la prospettiva di un accordo elettorale tra dem e grillini sia la grande novità. Obiezione: il M5S ce la farebbe a sostenere politicamente una intesa del genere senza finire in pezzi? Contro-obiezione: potrebbe il M5S sostenere un governo tecnico con Berlusconi, Salvini e lo stesso Renzi fresco reduce dello sgambetto a Conte? “Io aspetto a braccia conserte”, è la sintesi che Zingaretti ha consegnato a un compagno di partito. Inteso: se Conte contribuisce alla svolta, si va avanti con convinzione. Altrimenti c’è da provare a battere Salvini e Meloni nelle urne.
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